DALLA CONURBAZIONE
PERIFERICA ALLA "BIOREGIONE INSEDIATA". QUALE ECOLOGIA
PER LA CITTA' CONTEMPORANEA?
Di fronte alla gravità dell'alterazione della condizione ecologica delle
nostre città, la ri- sposta deve essere di tipo olistico,
nella ricerca di un rapporto “città/ambiente” capace di
comprendere tutte le istanze coinvolte.
Ciò non
significa che invece la strategia non possa svilupparsi
per azioni locali specifiche e differenziate. Anche
per l'urbanistica ecologica può valere il principio 'pensare global- mente – agire localmente'.
Tutto ciò comporta
in ogni caso un cambiamento di paradigma
epistemologico-disci- plinare, nonché una pratica
sperimentale partecipata.
Le attuali
strutture urbane-metropolitane non sono più formate
soltanto di centri urbani e di periferie, ma da una
nebulosa di frange urbane, da una conurbazione sempre
più den- sa e continua, con all'interno vuoti urbani
sempre più residuali.
Questo modello
insediativo, spesso di non semplice definizione anche
tra gli esperti, e ca- ratterizzato da esiti assai
imprevedibili, è comunque totalmente decontestualizzato
e non ha generalmente più alcun rapporto con il
territorio circostante.
Ciò segna una
profonda differenza con la città storica, la quale,
come' è noto, fondava la sua sopravvivenza primaria
proprio nel rapporto con il proprio "territorio di
riferimento", derivandone peraltro condizioni non solo
materiali ma anche culturali ed estetiche di grande
rilevanza. (In Italia, Venezia ed il sistema lagunare
dell'alto Adriatico, Siena e lo spartiacque collinare
tra Arno e Ombrone,...).
Con la fase
dell'industrializzazione ed ancor più con la fase del
postmoderno globalizza- to e delle tecnologie
informatiche, si è ritenuto che la città si fosse
emancipata dai vin- coli del territorio, senza pensare
che così facendo si sradicavano le città ed i loro
abitanti da ogni riferimento ai "luoghi", ed al loro
ambiente di pertinenza.
Progressivamente
sta emergendo invece la necessità di un ripensamento di
questo at- teggiamento, particolarmente in rapporto
alle difficoltà di chiudere i bilanci ambientali locali
e di ridotare le comunità locali di ambienti di vita
significativi o quantomeno per loro sufficienti, ovvero
utili, anche nella competizione internazionale.
Per ottenere questi
risultati occorre peraltro invertire le tendenze in
corso nel rapporto in- sediamenti umani-territorio, ed
assumere in proposito un diverso punto di vista.
Questo nuovo punto
di vista potrebbe allora essere quello di ridotare gli
insediamenti ur- bani di un nuovo "ambiente di
riferimento", questa volta non in funzione della
sopravvi- venza primaria elementare come nel caso della
città storica, ma della "sopravvivenza primaria
ecologica", come è nel caso della città contemporanea.
Occorre allora
ricercare se sia possibile dotare la struttura urbana
attuale di un contesto territoriale tale che la faccia
di nuovo 'vivere ecologicamente', di un contesto
ambienta- le tale che sia in grado di accoglierla, di
nuovo, al proprio interno.
Ma per fare ciò
occorre che il sistema ambientale che dovrà accogliere
la struttura ur- bana si configuri esso stesso come una
struttura vivente, che esso stesso abbia le caratte-
ristiche per essere una "Bioregione": un luogo,
cioè, complesso, interrelato e fertile (sotto molti
punti di vista), in grado di presentarsi come 'un ampio
contesto della vita', come un sistema di ecosistemi.
Quindi, un
luogo tale da essere in grado di assicurarla, la vita,
prima di tutto intensamen- te per se stesso e
conseguentemente anche alla città ospitata ed ai suoi
abitanti.
Si tratta di una
operazione complessa, quasi di rinnovare un rito di
rifondazione della cit- tà ma per così dire 'un rito
ribaltato', un rito di risacralizzazione di un
territorio dissacrato, a partire dalla città – e che
pure va messa in discussione – per riconoscere e
ricostituire il suo territorio, e per riadeguare poi la
città stessa al territorio ritrovato, in una continua
in- terazione.
Una rifondazione,
quindi, assai complessa e problematica, che è
contemporaneamente una rifondazione sia di un contesto,
che di una città, che della loro relazione, una rifonda-
zione che si dovrà sviluppare dall'interno della
struttura urbana e del suo ambiente e che quindi forse
risulterà ancora più entusiasmante che una fondazione
operata con un atto 'esterno', anche perché essa non
potrà avvenire che in maniera collettiva.
In questo processo
rifondativo il paesaggio e le reti ecologiche potranno
svolgere ruoli determinanti, anzi strategici:
- il paesaggio in
quanto struttura olistica capace di fornire un apparato
di riferimento che organizza i molteplici rapporti tra
società/natura/cultura;
- le reti
ecologiche in quanto concreta organizzazione
territoriale che, basandosi sui pae- saggi agrari
esistenti, sui vuoti urbani, sulle connessioni in atto e
potenziali, viene a costi- tuire la trama di relazioni
sulla quale ricostruire i presupposti per l'esistenza e
per la fattibili- tà stessa della intelaiatura
strutturale della Bioregione.
Dunque la "Bioregione
insediata" è una struttura territoriale entro la quale
si può svilup- pare una ben determinata dinamica della
vita, e tale da essere in grado di dare luogo a processi
evolutivi autonomi e significativi.
Questi processi
evolutivi saranno tali da potere accogliere, come in un
grembo, una co- munità umana con tutte le sue attività e
costruzioni, comprese anche quelle precarie, le quali
ovviamente dovranno però tutte essere cosiffatte da non
mettere in discussione il si- stema che le accoglie.
Anzi, la comunità
dovrà mettere a punto un'attività di "apprendimento ",
nel senso eco- logico di Bateson, e cioè di una Ecologia
della Mente, tale che possa fare divenire parte- cipe la
comunità stessa e le sue azioni, proprio rispetto a
quelle dinamiche evolutive che la Bioregione esprime.
Evoluzione ed
apprendimento saranno dunque le due dinamiche,
stocastiche ed omo- loghe, sulle quali fondare i
processi coevolutivi che rappresentano l'obiettivo di un
pro- getto che potremmo chiamare "vivere la Bioregione".
Evoluzione ed
apprendimento saranno i due criteri base usati nelle
pratiche rifondative della rinnovata relazione
città-contesto, e quindi della Bioregione assunta come
'luogo' di quella relazione.
Tra gli 'strumenti
di lavoro' per questa rifondazione, che sia ad un tempo,
dell’insedia- mento e della sua Bioregione di
riferimento, uno dei più significativi è il paesaggio,
sia per la sua natura di per sé olistica, sia per le
argomentazioni dei suoi recenti riconoscimenti in campo
scientifico disciplinare e delle politiche del
territorio.
Affrontiamo allora
la questione del "divenire del paesaggio e della
progettazione paesis- tica nella Bioregione Insediata".
Facendo riferimento
alla definizione di Paesaggio proposta dal Consiglio
d'Europa ("quel- la parte di territorio, nella sue
trasformazioni umane e naturali e nella loro
interazione, così come viene percepita dalla
popolazione…."), ci preme sottolineare il carattere
dinamico, di processo in divenire, che dobbiamo
attribuire al paesaggio, sia nelle sue trasformazioni
naturali e antropiche, sia nelle sue modalità percettive
da parte delle società, locali e ge- nerali.
Dunque un doppio
ordine di dinamicità, sia della struttura territoriale e
quindi della sua dimensione di relazione ternaria
uomo/natura/società sia della sua dimensione percettiva
da parte delle popolazioni insediate, valutate nelle
loro reciproche interrelazioni.
Dunque la
dinamicità è una caratteristica intrinseca dei paesaggi,
anche se generalmen- te si tende a sottolineare i valori
di permanenza del paesaggio stesso.
Riteniamo allora
che sia interessante sviluppare una linea di ricerca, di
sperimentazione e di operatività che si ponga la
questione del divenire del paesaggio non come elemento
di disturbo ed esterno ai valori di comunicazione
dell'informazione e della qualità paesi- stica, ma
assumendo il divenire del paesaggio come elemento
vivente, sia in senso natu- rale che culturale, e quindi
continuamente evolutivo, caratterizzante strutturalmente il paesaggio stesso.
Infatti, assumendo
il paesaggio come struttura in divenire, dovremo fare
riferimento al ruolo del fattore tempo entro tale
fenomeno, e se prendiamo in considerazione, sulla ba- se
delle scienze contemporanee, il "tempo interno" ai
fenomeni, per il paesaggio ci trovia- mo di fronte ad
una molteplicità di tempi interni differenziati, da
quelli biologici, a quelli economici, a quelli
culturali, ai tempi delle retroazioni ambientali e
territoriali, ovvero a quelli comportamentali percettivi
delle diverse generazioni locali e così via, tutti tempi
di- versi e con velocità di cambiamento ulteriormente
diversificate.
Alla complessità
del fenomeno paesaggio corrisponde dunque una
complessità tempo- rale, e ci troviamo di fronte ad un
fenomeno di "pluriritmo" per il quale il concetto
di "e- voluzione" (stocastica, si intende! ) è il
riferimento temporale e spaziale-materiale delle a-
zioni e del divenire del paesaggio.
Una simile
impostazione richiede una revisione sia epistemologica,
sia linguistica, che o- perativa delle problematiche
scientifiche e 'politiche' del paesaggio, ma anche della
sua "progettualità", nonché delle sue pratiche popolari
quotidiane, poiché questa è forse una delle poche strade
per le quali si possa immaginare di aprire un rapporto
collaborativo con le popolazioni direttamente
interessate.
Infatti, entro una
prospettiva in divenire, risulta più semplice e
spontaneo fare emergere una reale partecipazione attiva,
ben oltre il consenso, e quindi vorrei dire "creativa",
da parte della popolazione interessata alle attività
progettuali e di costruzione del proprio ambiente.
Abbiamo ritenuto
che la via di una sperimentazione nel tessuto vivo delle
realtà territo- riali fosse la strada da percorrere per
sperimentare, scientificamente e programmatica- mente,
le ipotesi della progettazione (compresa quella
paesistica ed ambientale, ed a maggior ragione anche
quella urbana) come processo dinamico.
Così operando, si
andrà oltre la 'progettazione disegnata', pure sempre
così importante come prefigurazione, per avvicinarsi
invece, verso il processo creativo, verso il "Progetto
come Processo Evolutivo".
In questo senso la
progettazione non si limita più a ricostruire una
modalità sistemica, pu- re così utile per la città, per
il paesaggio e per le culture sociali che in tali
contesti sono coinvolte, ma cerca di innovare, aprendo
nuove strade alla creatività e alla modalità re-
lazionale di connettere processi differenti, sia umani
(individuali e sociali) che naturali, tra loro
in reciproca e continua intercomunicazione.
In tal modo
potrebbe avviarsi un processo evolutivo (o meglio coevolutivo) a
partire dal riconoscimento delle strutture qualificanti
e caratterizzanti ogni progetto di paesaggio, passando
poi a cogliere le sue tendenze al cambiamento, a
valutare i possibili scenari progettuali ed evolutivi,
e, a questo punto, ad aprire il processo dinamico
biunivoco, al quale avevamo accennato precedentemente,
di evoluzione e di apprendimento, impre- vedibile ma
orientato, per dirla con Gambino di
"conservazione-trasformazione".
Tutto questo si
potrebbe svolgere con le popolazioni interessate, che
ritroverebbero così la gioia di 'costruirsi' il
proprio ambiente di vita e di tornare a riconoscersi nel
proprio am- biente costruito e nel proprio paesaggio.
Nelle situazioni
reali che si possono presentare questo progetto
rifondativo dovrà affron- tare situazioni molto
differenziate, ma, sulla base della nostra
esperienza, in ogni caso il progetto dovrà fare
riferimento:
- al "carattere
complesso della struttura urbana", ed al suo formarsi
nel tempo; ma più che altro il progetto rifondativo
dovrà cogliere il senso di ogni specifico insediamento
u- mano e delle sue modalità di formazione e di
manifestazione; e dovrà percepirne, di quel luogo
urbano, la sua essenza profonda, che si manifesta nelle
persone, nella società, negli spazi, e nella loro
formazione storica interrelata;
- alla "natura
complessa del contesto ambientale" e dovrà ritrovarne
sia i caratteri della condizione originaria sia le
condizioni della situazione attuale, più o meno
alterata, più o meno ancora vitale e comunicativa; in
ogni caso dovrà individuare le componenti vitali sulle
quali contare per riconoscere la base ambientale della
Bioregione;
- alla "relazione
tra la struttura urbana ed il contesto ambientale", al
messaggio informa- zionale che la relazione riesce ad
esprimere, e quindi allo stato della relazione stessa e
alla storia ed alle fasi per le quali la relazione è
passata; nonché le sue potenzialità evolutive;
- al "divenire dei
fenomeni suddetti", in particolare quelli relazionali, e
quindi al divenire dei paesaggi in quanto espressione
del manifestarsi della relazione stessa e della
condizio- ne di "Bioregione insediata".
Dovremmo allora
assumere l'ambiente costruito (da quello alla scala
micro-territoriale, a quello urbano, a quello
metropolitano) come fenomeno complesso in continua
trasfor- mazione e la "Bioregione abitata" come quella
condizione territoriale a cui si riferisce sia una
modalità articolata dell'abitare, sia una rivalutazione
dell'ambiente di vita del con- testo ambientale di
riferimento, ma più che altro sviluppando un'idea di
Bioregione co- me loro relazione coevolutiva.
Occorre
perciò aprire fasi di sperimentazione a tutti i livelli,
poiché è solo dalla sperimen- tazione, orientata e
cosciente, che si possono estrapolare indicazioni
significative e con- sapevolmente riconosciute di
un'attività progressiva di costruzione di un processo
che ci consenta di sviluppare nel tempo le condizioni
sopra dette, dal micro contesto alla Biore- gione, nel
tentativo di non perdere occasioni e segnali anche
parziali di innovazione stra- tegica che si
manifestassero anche in situazioni diverse e distanti
tra loro, tanta è la com- plessità e la necessità di
cogliere ogni stimolo di rinnovamento che sono
necessarie alla ri- fondazione della Bioregione, in
termini partecipati.
Tale
sperimentazione ha appunto due caratteri:
- deve essere
rinnovabile, non deve cioè compromettere definitivamente
gli ambiti sui quali interviene, deve garantire La
possibilità di sempre ulteriori scelte, ed in tal senso
po- tremmo definirla una sperimentazione sostenibile;
- deve potersi
sviluppare, come sopra accennato, a tutti i livelli
della esperienza rifonda- tiva dei contesti bioregionali,
se possibile in termini unitari, ma anche per ambiti
discipli- nari e per occasioni sperimentali
diversificate.
In tal senso la
sperimentazione progettuale può essere articolata in
altrettanti casi di stu- dio, utili a fornire spunti e
riflessioni per l'ipotesi che qui si sostiene.
La nostra
esperienza, nel caso italiano, si è articolata con
progetti sviluppati alle diverse scale che vanno
1) dalle ipotesi di
ridisegno ambientale di un'area metropolitana,
2) alla
riqualificazione ambientale ed urbana di piccoli comuni
inseriti in un più ampio di- .....segno
territoriale,
3) agli studi
paesistici per un comprensorio turistico,
4) all'assetto
ambientale di un centro civico,
5) alla
sistemazione di un'area-parco lacustre:
Tutti i casi
sono riferiti a condizioni diverse in modo da
consentire confronti e compara- zioni, anche se in alcuni di essi
si è trattato di occasioni di studio più che di
attività già o- perative sul campo.
I motivi di
indagine sono molteplici, e vanno dalla ricerca di nuovi
modelli urbani ed in- sediativi, alla necessità
ecologica di potere contare su un nuovo tipo di ambiente
di rife- rimento, alle necessità di creare nuova
opportunità di lavoro a quella di salvaguardare uno
straordinario patrimonio di paesaggi, di saperi locali,
di prodotti di qualità, minaccia- ti dai modelli
aggressivi e insensati della globalizzazione mercantile.
Questo insieme di
fenomeni può essere colto nella sua manifestazione
unitaria più signifi- cativa, l'ambiente costruito
storico e il paesaggio, che come si è detto, vorremmo
consi- derare non solo come un valore dato, che è
minacciato e che può essere alterato, ma come un
fenomeno in perenne divenire, un divenire che peraltro
sta subendo delle acce- lerazioni distruttive.
Dunque, in quanto
fenomeno in perenne divenire, si tratta di fare
riferimento ad un pro- blema di cicli e di ritmi, e ad
un problema di relazioni tra dinamiche naturali ed
antropi- che, oggi da considerare in una fase di
profonde, reciproche trasformazioni e da affronta- re
con strumenti nuovi .
Tali strumenti
possono essere rinnovati con riferimento al concetto di
relazione e alle pra- tiche relazionali, e in questo
senso si stanno sviluppando i nostri studi e la nostra
attività di ricerca sperimentale più recenti, verso
un rinnovamento epistemologico che è ancora in corso.
Tuttavia, tanto
l'ambito degli studi e sperimentazioni sul paesaggio,
quanto quello delle reti ecologiche e della
progettazione partecipata, sono ambiti tra i più fertili
per l'appren- dimento sperimentale e collettivo, oltre
che scientifico ed estetico, verso un modello di
ecologia del progettare.
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